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Maurizio Donzelli

Macchina dei Disegni

20.01 - 20.01.2001

Lo Scrittore ha un amico Pittore con una speciale passione per il Disegno. Il disegno del Pittore esce da ogni dove nella casa-studio: appeso al muro in vecchie e nuove cornici, appoggiato su tavoli, su pile di dischi, su provvisori mucchi di libri in attesa di essere letti e catalogati, a volte messi in costa a piccole famiglie negli scaffali della biblioteca.
Il Pittore disegna continuamente, senza ossessione, come a far sgorgare un flusso continuo di pensiero figurativo.
La mano dà forma al disegno, la mente informa la mano in un continuo di immaginazione che da vita ad un erbario, un bestiario, un cielo stellato pieno di fiabe e rimandi a tal punto che un solo disegno né potrebbe essere capito né avrebbe un senso compiuto.
Forse il Pittore, sognando una notte questo bosco di immagini, le ha viste uscire da un cespuglio, sciamare da un favo, uscire da una caverna, scendere da un’automobile dicendo all’Autore:
“prego, si accomodi…”
Automobile o Macchina che sia, la famiglia ormai sterminata dei disegni sembra avere una vita propria, in qualche misura persino indipendente da quella del Pittore, figli cresciuti che si staccano dalla loro Causa per dare vita a nuove avventure.
Il Pittore entra così nella Macchina, seguendo l’invito, con un certo stupore, molta curiosità, non senza qualche esitazione.
Forse dubita possa essere anche una prigione, oltre che un rifugio; ne sente il fascino, ne teme la costrizione.
I Disegni ormai sono ovunque, dentro e fuori la Macchina: vanno e vengono da due piccoli sportelli rossi ( DENTRO e FUORI, IN and OUT ) come api dall’arnia, tanto che comincia a serpeggiare qualche dubbio sulla effettiva presenza di un Autore dentro la Macchina.
E se questa avesse imparato a fare i disegni da sola? Per ora manca la prova. I visitatori in galleria
-anche i primi arrivati- hanno trovato solo un cubo azzurro che occupa quasi tutto lo spazio. Dall’interno del volume non vengono rumori né fruscii, né musica o colpi di tosse che possano tradire una presenza.
I visitatori chiedono rispettosamente (alcuni meno) alla Macchina di inventare un disegno su loro indicazione: inseriscono il foglietto con il desiderio e poco dopo ecco che, silenziosamente, la risposta disegnata scende nell’altra rossa casetta.
Alla fine della serata le luci si spengono, il pubblico esce, le serrande si abbassano. E’ tardi, la città dorme, i tram non sferragliano più; i semafori lampeggiano solo in giallo.
La Macchina del Disegno riposa quieta nel buio della galleria vuota e spenta.
Dall’interno esce un lieve rumore continuo, come di qualcuno, addormentato, che respira nonostante un bel raffreddore. E’ inverno, forse la Macchina ha preso freddo.
Adesso dorme e sogna uno sciamare di disegni che tagliano l’aria come una formazione di stornelli che va a posarsi in fila ordinata sulle bianche pareti della galleria.