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Sabrina Torelli

Apparati di cattura – Curated by Francesca Pasini

15.01 - 28.02.2000

In due ambienti interagenti Sabrina Torelli ha disposto i suoi “Apparati di Cattura”, ovvero un accumulo di strati visivi che rimandano a quell’energia sottile e magmatica che colpisce l’interesse, la memoria e l’intuizione.

Oggi siamo catturati da reti di informazioni che richiedono sintesi mobili, pronte a svicolare in analisi che riavvolgono i significati. Si determina così una fluidità tra la storia personale e la partecipazione diretta, altrettanto individuale e personale, a una massa di dati, di legami che non fanno parte dei confini abituali dell’esperienza conoscitiva e relazionale.

Sabrina Torelli evidenzia questa condizione attraverso strati visivi in cui evoca lo slittamento tra “spazio striato ( che trattiene le tracce di un’esperienza tangibile o di una misura osservabile) e spazio liscio ( definito da intensità quali: vento, rumore, suono)”.
Come materializzare questo perenne scambio? E’ una delle domande che l’arte si è sempre posta ed a cui Sabrina risponde ridisegnando gli “apparati di cattura” con i quali questi due spazi occupano la nostra memoria.

La prima stanza della galleria è occupata da 40 sfere – dal diametro di 85 cm, di colore bianco perlato e gonfiato d’aria – sulle quali l’artista ha stratificato vari sistemi di disegni. Le sfere, collegate a gruppi di tre, sono sovrapposte le une alle altre come nell’aggregazione scientifica, ed in alcuni punti sfiorano il soffitto. I disegni snodandosi tra una sfera e l’altra, delimitano i lati di triangoli, esagoni, quadrilateri, che si aggregano in questa sovrapposizione. Rappresentano la catena del DNA o dei virus; la muraglia cinese; carte medioevali del mondo; innesti di piante; mappe stellari; corpi celesti; notizie di attualità. La figura della catena scientifica si riavvolge attorno alla superficie dell’arte e diventa materia portante del segno, mentre la forma sferica slitta da immagine geografica a “spazio striato” dalle figure di chi abita transitoriamente uno dei mondi dell’universo.

Nella seconda stanza, un video girato in 16 nòni, si presenta come una finestra panoramica da cui assistere al disegno con il quale l’ombra delle nuvole crea uno “spazio striato” davanti ai nostri occhi. Il ritmo di aggregazione di questa rete di ombre è dettato da un mixaggio di musiche dub cui si intercala l’amalgama della voce di Sabrina, composto di suoni asillabici e di frasi. Lo “spazio liscio”, definito dal suono dell’espressione umana, interagisce con le striature che la memoria imprime nel nostro cervello e nel nostro cuore.